Il professore Flaminio Musa, presidente per oltre 40 anni dell'Università Popolare di Parma, è scomparso nel giugno 2009. Si riporta la commemorazione del Consiglio Direttivo.

COMMEMORAZIONE PROF. FLAMINIO MUSA

 

Il nostro carissimo Presidente Flaminio Musa ci ha lasciato il 18 giugno scorso ed  è tornato a Bedonia per riposare definitivamente nella sua valle e tra i suoi monti.

A Bedonia era nato, lì  aveva trascorso la sua infanzia, lì aveva frequentato le scuole elementari,  prima di scendere pieno di malinconia  al mare a Chiavari in collegio, per frequentare il ginnasio.

La sua famiglia era molto conosciuta; il padre  Severino era  uno dei primi  medici di famiglia, uno stimato e integerrimo medico vecchio stile, che gli aveva trasmesso l’amore per questi luoghi e la loro storia. Un medico che era anche un valente studioso delle realtà culturali delle valli appenniniche, che sosteneva la continuità di vita in questi luoghi, dal paleolitico ai romani al medioevo.

Flaminio Musa si compiaceva di ricordare che suo padre gli raccontava che lì  sul Monte Penna gli antichi liguri si erano opposti agli invasori romani nella difesa dei propri costumi, delle proprie istituzioni, delle proprie leggi. Flaminio ricordava questo episodio quando faceva un parallelo storico con la lotta partigiana di queste valli  contro i tedeschi e i fascisti.

Da Bedonia si era poi trasferito a Parma frequentando prima il liceo Romagnosi  e poi l’Università, la Facoltà di Medicina, allievo  del professor Angelo Braga, che considererà sempre come il suo maestro.

Era poco più che ventenne quando aveva partecipato attivamente alla guerra di liberazione, la lotta della Resistenza, era il Comandante partigiano Marco. Di quella esperienza rimarrà in lui sempre vivo il ricordo, che tradurrà in numerose poesie prima di divenire memoria da tramandare alle giovani generazioni.

Conseguì la laurea in medicina e chirurgia  nel 1946 ed iniziò  la professione di medico, come il padre, vocazione che saprà trasmettere ai figli.

Nel 1962 divenne Primario del Pronto Soccorso di Parma, svolgendo il delicato incarico con grande professionalità e facendosi apprezzare dai colleghi, dai pazienti e dal  personale anche per la sua  grande dimensione umana.

Medico, prima di tutto e soprattutto.

 Guardava al malato, alla sua umanità, esprimendo il concetto che ogni malato aveva bisogno del suo abito e non di un vestito preconfezionato che andasse bene per tutti. In questo, diceva, il medico è come un sarto, ognuno con il suo taglio.

E come medico  aveva  fondato e riorganizzato le delegazioni provinciali della Croce Rossa, tra cui quelle di Bedonia, Compiano e Tornolo.  A Bedonia nel 1972 aveva tenuto un commovente discorso in occasione della inaugurazione della C.R.I., in quella sede intitolata al padre Severino.

Come medico è stato tra i fondatori a Parma della Lega Italiana per la lotta contro i tumori, guidandola  a lungo  come Presidente effettivo ed  ancora  forniva il suo apporto come Presidente Onorario. Tutti ricordano l’impegno profuso per oltre quarant’anni nella divulgazione della cultura della prevenzione .

Ideatore trent’anni fa nel 1979 del Concorso letterario nazionale Medici Scrittori, che si svolge ancora ogni anno a Parma, sotto il Patrocinio della Presidenza della Repubblica; tanti medici inviano loro scritti  e vengono a Parma e loro, attraverso splendidi racconti di vita, trasmettono le loro emozioni e le loro esperienze, da cui emerge la grande attenzione e sensibilità verso la persona debole perché ammalata. Quest’anno il prossimo settembre, il Premio si svolgerà senza la sua partecipazione, e la LILT ha già deciso di intitolarlo alla sua memoria. 

Flaminio Musa era un uomo che credeva fermamente nella libertà, nel rispetto verso gli altri, soprattutto verso i più deboli. Credeva in un mondo migliore per il quale ha combattuto tutta la vita, combattendo prima nel vero senso della parola come Comandante partigiano, combattente per la giustizia, la fratellanza, e la libertà di tutti gli uomini, e poi combattendo ogni giorno per questi ideali, e diffondendo i valori nati dalla Resistenza con i suoi scritti, i suoi incontri, i suoi discorsi che pronunciava nelle scuole, nelle delegazioni,nelle sedi istituzionali e nelle sedi dell’Anpi . Infinite sono state le occasioni  in cui è intervenuto per  riaffermare questi valori, mai stabili e certi  senza una continua vigilanza. Molti sono stati i comuni che lo avevano invitato per celebrare la Liberazione, il 25 aprile. E lo ha fatto anche quest’anno in aprile, prima  a Salsomaggiore e poi a Bedonia.

Dal padre e certamente anche dalle sue valli e dalle sue montagne, ha ricevuto l’amore per la cultura.

Letterato, scrittore e poeta, autore di numerose raccolte di prose e poesie, apprezzate da eminenti personalità del mondo della cultura, come Attilio Bertolucci e Alberto Bevilacqua. Una raccolta  dal titolo “Così il figlio divenne padre” è stata ristampata lo scorso anno, e un’altra intitolata “Il cuore a monte. Pensieri e Parole” è stata presentata nel giugno dello scorso anno nel comune di Borgo Val di Taro.

Come medico curava l’uomo, ma come uomo di cultura sapeva che l’ignoranza è il peggior male che possa affliggere l’uomo. L’ignoranza è la peggiore delle malattie. Il non conoscere, il non sapere il non comprendere portano la diffidenza, la presunzione, l’intolleranza. L’intolleranza genera il conflitto e la guerra. Altre battaglie bisogna fare, con altri mezzi; occorre insegnare,  istruire, spiegare, fare scuola, ma  per farla occorre la medesima caratteristica che occorre per fare il medico, cioè l’amore verso gli altri, verso il prossimo. E qui, nel predisporre la scuola e l’insegnamento, il professor Musa ha dato il meglio di sé.

Ha raccolto l’eredità di una gloriosa Istituzione culturale, l’Università Popolare di Parma, che è stata fondata oltre cent’anni fa nel 1901, da eminenti personalità che credevano nella giustizia, nella libertà e nell’elevazioni delle classi più povere e quindi più deboli e più bisognose.

L’università Popolare, sciolta nel 1925 dal regime fascista perché nelle sue sedi era stato ricordato l’assassinio Matteotti, si è ricostituita nell’immediato dopoguerra, nel 1946, sotto la guida di quel medico, Angelo Braga, che Flaminio Musa aveva sempre considerato suo maestro. Quell’Angelo Braga, nella cui casa a Mariano si erano riorganizzate le forze antifasciste e partigiane del Comitato di Liberazione Nazionale. Dopo la presidenza di Angelo Braga e quella dell’avv. Giacomo Miazzi è toccato al dr. Musa  oltre quarant’anni fa, nel gennaio del 1969, dirigere l’Università Popolare. Ricordando il suo maestro a vent’anni dalla morte nel 1978, Flaminio Musa dirà che aveva accettato questa sua creatura e l’ha custodita forse indegnamente, ma con l’affetto e la venerazione di un figlio verso il padre.

In questi quarant’anni l’Università si è trasformata e rinnovata, e Flaminio è stato per essa il vero padre.

Diceva che l’Università Popolare è uno strumento che ha fatto dell’insegnamento un apostolato. Diceva che “l’Università Popolare ha un significato e una sua caratteristica in quanto la sua opera non è legata alla rigidità necessaria dei programmi scolastici, perciò uniformi perché uguali per tutti; essa invece è libera, e come tale plasmabile, adattabile agli eventi, alle circostanze che si presentano ogni giorno e per questo è più pronta, più viva. Per mantenerle queste caratteristiche, che sono una parte intrinseca della sua funzione, sono necessarie due condizioni: di queste,  la prima, la più importante, è che l’università mantenga sempre i suoi contatti con gli operai, gli impiegati, gli studenti e sia l’espressione delle loro esigenze. La seconda è che gli insegnanti trasfondano ai discenti con tempestività e senza limitazioni di pensiero, le conquiste di ogni giorno, in ogni campo della scienza.”

Secondo questa linea di condotta il prof. Musa ha guidato l’Università Popolare, creando  una struttura scolastica che offre oltre 60 corsi di insegnamento e frequentata da  circa 1300 allievi. Solo pochi  mesi fa, il 28 aprile, il prof. Musa aveva incontrato i docenti della scuola per una verifica dell’anno accademico appena trascorso e per impostare i corsi del prossimo anno.

Un medico, un combattente per la libertà, un educatore, un poeta, un uomo del dubbio che ricercava la verità. Si chiedeva: da dove veniamo? chi siamo? dove andiamo? Domande antiche, cui solo la fede o la filosofia può dare risposte. E diceva che queste risposte l’uomo le può trovare solo in se stesso. Amava ripetere che questa ricerca della verità è profondamente cristiana, enunciata stupendamente da Sant’Agostino “Guarda in te stesso, nell’interiorità dell’uomo abita la verità” Ed egli questa verità la continuava a cercare ogni giorno, convinto che sia anche  nell’apprendimento continuo  il significato della vita dell’uomo. Diceva che l’uomo è la pietra che deve essere scalfita ora per ora nell’ambito di ogni giornata con un laico breviario sacerdotale, per poter erigere la sola costruzione che può essere duratura,  il tempio dell’Umanità.

Flaminio Musa è tornato a Bedonia il 26 giugno scorso, ed è stato accolto con un ultimo abbraccio da moltissime persone che lo avevano conosciuto, che lo avevano stimato  e che lo avevano amato, e dai rappresentanti di tante Associazioni con le loro bandiere e i loro stendardi.

Dinnanzi alla sua urna, posta di fronte alla sede della Croce Rossa molti lo hanno voluto salutare con commosse parole, i sindaci di Bedonia e Borgotaro, i rappresentanti delle Associazioni partigiane, i rappresentanti della Lega Tumori e dell’Università Popolare,il Presidente della Provincia.

Un lungo corteo, preceduto dalla banda e dai labari delle Associazioni e degli Enti, lo ha accompagnato nella sua ultima dimora per salutarlo con un ultimo rito. 

 Il sole, che a mezzogiorno brilla nella sua luce piena, inizia il ciclo di ritorno. Anche l’uomo, come il sole, inizia un nuovo ciclo. Un giorno morto, un uomo morto rinascono nel ciclo infinito dei tramonti e delle aurore, delle morti e delle rinascite, secondo quanto dice San Giovanni “In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento, caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore produce molto frutto”.

In una sua poesia tratta dalla raccolta “Il cuore a monte. Pensieri e Parole”  intitolata “Identità”  diceva:

Sono un seme

una radice in un pugno di terra,

una luce, una polvere di luce

in un seme.

Noi che lo ricordiamo oggi, che  abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, che abbiamo visto il suo sorriso, il suo sguardo buono e comprensivo, il suo amore verso il prossimo, pensiamo che quel seme continuerà a fruttificare e quel seme trasformato in luce, continuerà a illuminare e guidare il nostro cammino, pensando a lui, a un uomo libero che aveva un sacro  rispetto per quello che egli definiva il Grande Architetto, il creatore del cosmo, dove ogni fenomeno non è se non una manifestazione dell’Uno, da cui tutto deriva, su cui tutto si fonda e verso cui tutto ritorna.

Ringraziamo il prof. Flaminio Musa per ciò che ha dato alla Università Popolare, e lo salutiamo ricordando le  parole di una sua poesia:

Dai prati coperti una luce

bianca acceca

e nel cessare d’essere me stesso

si infinitezza l’uomo e l’amore.

L’io diviene il nulla ch’è tutto

una cosa sola con l’acqua, l’aria

la terra ed il fuoco.